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                          foto di Gianluca Colagrossi                    
 


Bilico e precisione
a proposito di Crisalide XXII

Non è successo niente, è ciò che stiamo diventando non è un tema e neppure un titolo, è un luogo.
Esso nasce dalla lettura del libro Che cos’è la filosofia di Gilles Deleuze e Félix Guattari. In una nota ad un testo di Péguy i due autori elencano i diversi modi con cui ci si può approcciare all’evento. Uno di questi consiste nel “fiancheggiarlo”, un altro “nell’installarsi in esso come in un divenire”.
E di lì a poco concludono: «Non c’è stato nulla. E un problema di cui non si vedeva la fine, un problema senza sbocchi... improvvisamente non esiste più e ci si domanda di che cosa si stesse parlando».
Ogni anno all’approssimarsi di Crisalide ci si chiede cosa sia ciò che si sta facendo.
Il termine spettacolo sembra poco adatto alle aspirazioni di coloro che fanno il festival; sembrerebbe più giusto parlare di “prova di forza” e per coloro che la praticano di discoboli o lanciatori di giavellotto, in alcuni casi di saltatori con l’asta, perennemente in caduta.
Ci si aggira negli spazi e nei tempi del festival alla ricerca di una propria via.
Che non sia successo nulla è evidente: siamo come allora.
Che si sia ciò che si diventa è cosa da dimostrare.
Mai come ora abbiamo sentito forte questa passione: la passione per il vero.
Che è concretezza dell’azione e consistenza nel procedere.
Come raccogliere se stessi attraverso il colino della disumanità che si frappone tra noi e la libertà del pensiero? Come abbandonare il compromesso dell’esistere sopravvivendo a se stessi?
E poi come si deve intendere la sperimentazione? Sperimentare è creare le condizioni perché la certezza venga sempre meno e quando meno ce lo si aspetti. In un gioco dall’esito oramai chiarissimo, in cui il nostro cervello risponde solo agli stimoli del nuovo, alle variazioni. Solo il brivido di un pericolo imminente può riportarci a galla e ritornarci alla condizione del desiderio e quindi alla condizione bestiale (nel senso di animalità) del sentirsi finalmente vivi.
Torno a casa e guardo la consistenza dell’intonaco delle pareti, il profilo delle finestre, la linea diritta dei muri. Mi obbligo a cogliere la realtà come fossi al microscopio.
Obbligarsi a vedere le cose nella loro costante modificazione è il segreto dell’eterna giovinezza.
Sto ancora cercando di decifrare le righe che Florinda Cambria ci ha inviato a proposito del suo intervento a Crisalide: «Bilico e precisione, margine puro senza figura, pienezza evanescente in precario equilibrio tra tutti i niente. Che sta accadendo? Come lo dici, hai smarginato. L'indifferenza tra tutto e niente si coglie solo per differenza. Essere sul punto è fare differenza. Il resto è già accaduto».

Lorenzo Bazzocchi